Nel corso del 2020 abbiamo a lungo dibattuto sui test di controllo per il rilevamento del coronavirus, distinguendo tra tamponi rapidi e test sierologici di tipo quantitativo e qualitativo.
Il test sierologico non serve solo a rilevare il Covid, ma è una tecnica già in uso da anni per rilevare la presenza di anticorpi nel nostro sistema immunitario. Esistono test sierologici specifici per un ampio numero di malattie e patologie di origine virale: grazie a questo genere di esame è possibile tenere sotto controllo la diffusione di una malattia e a constatare il grado di guarigione all’interno del corpo umano.
Chi entra in contatto con un virus sviluppa automaticamente, nel proprio sistema immunitario, una risposta sotto forma di anticorpi. Il test mira a rilevare la presenza di due tipi di anticorpi, distinti a seconda del tempo di reazione del sistema immunitario: le immunoglobuline M (IgM) sono quelle che si formano dopo 7-10 giorni dall’inizio dell’infezione, le immonoglobuline G (igG) compaiono dopo 14 giorni.
A cosa è dovuta questa differenza?
In un primo momento, le IgM testimoniano il fatto che il corpo sta rispondendo all’infezione. Sono anticorpi nuovi, di recente formazione. Le IgG costituiscono invece la memoria immunitaria: le difese sono già attive e formate, e da quel momento il nostro corpo sarà in grado di rispondere immediatamente a una futura infezione causata dallo stesso virus.
Il test sierologico può quindi determinare se l’infezione è stata contratta recentemente ed è in fase acuta o è già in corso da diversi giorni. Nel primo caso le IgM saranno più alte delle IgG; viceversa, se il test restituisce le IgG più alte delle IgM, sarà certo che il Covid è in circolo da almeno 15-20 giorni, o che la malattia è già decorsa e resta la memoria immunitaria del suo passaggio.
I tempi di risposta dei test sierologici sono generalmente rapidi, e richiedono un quarto d’ora di analisi per avere un esito preciso e affidabile fino 96%.